Ed è proprio così. Non tutto il male viene a nuocere. Se mi avessero detto mesi fa che la mia vita si fosse capovolta così tanto, non ci avrei creduto minimamente. Ed invece eccomi qua a scrivere dalla Romania. Una terra che è sempre stata indifferente per me, una terra che non avrei mai avuto il motivo di raggiungere, ma che solo adesso mi è entrata nel cuore, inaspettatamente, come un amore improvviso, come un raggio di luce nel cuore. Sono arrivata in Romania due settimane fa, partendo da Palermo con tanti pensieri, con il cuore tagliato in due, ma con quella voglia di scoprire e conoscere altre culture, altre tradizioni, altri popoli, così tanto lontani da me, ma più che simili nelle loro abitudini. A volte certi pregiudizi vengono fatti da persone ignoranti che buttano la qualsiasi su tutto, non rendendosi conto che siamo tutti sotto lo stesso cielo. Inizio la mia esperienza alla stazione centrale di Palermo dove mi ritrovo con gli altri ragazzi e ragazze del mio gruppo e mamma Silvia che ci farà da guida, sia fisica che psicologica. Due orette e mezzo e siamo all’aeroporto di Catania per prendere il volo. Destinazione Bucarest. Tra una chiaccherata e un’altra passa il tempo e mi ritrovo seduta in aereo che stiamo per atterrare. Scendiamo e superiamo una serie di controlli e dogane per poi finalmente arrivare lì davanti le porte di uscita dove ci aspettavano i nostri accompagnatori ungheresi. Due persone, un uomo Lajos e una donna Zsuzsa, ma la mia testa mi porta a salutare una terza donna che non faceva parte delle nostre guide, ed è così che inizio e scoppio a sorridere con Zsuzsa, la nostra guida e salvezza per eccellenza. Usciamo dall’aeroporto e ci dirigiamo verso il furgoncino blu che ci porterà a “casa”. Destinazione: Sfantu Gheorghe, Transilvania, ma che poi in realtà siamo nell’area di Valea Crisului. Sfantu Gheorghe dista poco da noi. Fra tanto parlare inzia a nevicare, neve ovunque, neve neve e ancora neve. Mi sento bene, mi sento che qualcosa cambierà nei prossimi giorni. Freddo molto freddo, ma nello stesso tempo ho conosciuto quel calore che da tempo non sapevo più cosa fosse o meglio evitato per paura, per difesa. Inizia così, tra una sbandata e un’altra la nostra avventura, fra una battuta e un’altra ed un incrociarsi di sguardi, per conoscerci, per scoprire novità ed emozioni. Neve e ancora neve, strade ghiacciate, prima sosta in un autogrill. Un panino, una coca, video foto e selfie e si prosegue. Arriviamo a destinazione e avevo gli occhi già lucidi nel vedere un paesaggio così suggestivo e spettacolare riempito da tanta purezza bianca. Ci mostrano le camere ed ognuno sceglie la sua. Io ho una camera singola con bagno privato. È la stanza più calda a quanto pare perché ho vicino la caldaia generale. Ma va bene così perché in camera posso dormire a maniche corte. Senza necessariamente congelare visto ai meno meno gradi sotto lo zero, toccando anche i -18 per quel che sono riuscita a vedere. Doccia e nanna. Il giorno dopo ci attende l’uccisione del maiale, sono molto interessata e curiosa. Prendo la macchina fotografica in mano e vado. Faccio amicizia con gli uomini del posto che a prima mattinata brindano con la famosa palinka e continuo a riprendere e fotografare passo per passo. Finisco e ci attende un giro turistico nelle varie sedi lavorative. Irisz Haz, Irisz shop, Fabbrica dei cavi per la Nissan. Ci spiegano cosa fare nei prossimi giorni. Inizio per due giorni dalla cucina e sala da pranzo in una casetta di fronte i nostri alloggi. Conosciamo la cuoca Edit e iniziamo a pulire, sistemare, sparecchaire i tavoli e dare una mano dove è necessario. Il tempo passa e dopo aver socializzato con degli ospiti che erano venuti per la colazione, decidiamo insieme ad Elisa di incamminarci in una breve passeggiata. Scopriamo un fiume metà ghiacciato e una piccola cascata che lo faceva cantare. Stupendo. Magnifica la natura e i giorni che ci ha regalato con tanto amore. Si è fatta ora di pranzo e ci portano all’Irisz Haz. Lì l’ordine è quasi maniacale. Si inizia con una preghiera di ringraziamento recitata per e dai ragazzi disabili e a turno, tavolo per tavolo, si fa la fila per il pranzo. Rispetto ed educazione. I nostri pranzi anche nei giorni successivi erano zuppe buonissime, pasta, dolci. Il mio lavoro è continuato anche all’Irisz Shop dove aiutavo a piegare vestiti, smistarli nei vari blocchi, e confezionarli per la vendita o per riciclarli. Gli altri giorni sono stata all’asilo, dai ragazzi piú grandi e in cucina all’Irisz Haz. Ho avuto tanto tempo per pensare e riflettere con il freddo che mi accarezzava il viso. Stavo bene adesso, e quando ero in confusione prendevo la pala e iniziavo a spalare tutto il ghiacchio che trovavo. Nonostante varie incomprensioni e inconvenienti nati, sono passati troppo velocemente questi giorni che non dimenticherò mai. Tra party, balli, (io che non ho mai ballato quanto ho ballato qui), tra pub, giornate di cultura, musica, concerti, musei, biblioteca, pista di ghiaccio, serate danzanti, giro in calesse antico, compleanno, nuove amicizie, terme, paesaggi, tra lavoro e divertimento, arriviamo anche a Brasov un paesino turistico ricostruito dopo un incendio. Zsuzsa ci porta a vedere la Chiesa nera (Schwarze Kirche Biserica Neagra), il ghetto ebraico e dopo in un ristorante tipico Romeno. Ciorba ovviamente, qui le zuppe sono magiche. Le nostre giornate iniziavano e finivano così con quel sorriso che non sapevo più cosa fosse. Con quelle persone che puoi chiamare amici, perché a loro non importa come sei ma chi sei. Con mamma Silvia e le nostre lunghe confidenze al chiarore della luna. Stavo guardando da quel dolore che pensavo non avesse mai una fine. Ed ero felice perché per una volta ho scelto me e l’ho fatto con molta fatica, senza piangere dopo mesi, ma solo con l’allegria e la forza di rialzarsi per chi è donna come me. Ho avuto vicino l’ironia e la fiducia di Fabio, un fratello, un collega e già amico. Che con la sua timidezza, camuffata in sorrisi, ha sempre trovato quelle parole giuste per il mio bene. Ho avuto accanto e ri-scoperto Elisa e Simona due persone diverse ma anche loro speciali in questo nostro percorso. “Rossa” ( come la chiamavo io, per via dei suoi capelli adesso è viola) Elisa, una ragazza molto timida, educata fin troppo. Mia amica prediletta di cin cin. E Simona, determinata e nello stesso tempo divertente perché il “ni viriemmu da” resterà nella storia. Due persone diverse ma amiche anche per le piccole tradizioni che a volte non capivo. E poi abbiamo Venera che mi viene fuori da dire solamente che lo starnuto finale al concerto classico è stato il top. Questo è stato il mio team. Il rispetto, la fiducia, il tenersi per mano, fra le braccia, quella gentilezza e non vergogna per ritornare ad amarsi, quella condivisione e affetto per le difficoltà senza giudicare, ma solo aiutare. Per ultimo voglio finire con un pensiero verso chi è stata al mio fianco giorno per giorno, il mio punto di riferimento, la mia voglia di ricomincare con i suoi super sorrisi. Ho aspettato per scrivere e adesso è il momento per farlo. Ho pianto ieri sera perché dopo la partita di basket femminile, e anche stamattina, perché ho avuto l’ennesima conferma che se una persona ti offre del suo tempo anche extra, se lascia i suoi impegni, la sua vita privata per aiutare il prossimo, merita davvero un posto nel mio cuore e certi grazie sono piccoli davanti ad una persona come lei. Ho avuto modo di conoscere le sue debolezze, la sua storia, i suoi occhi tristi nel parlare in intimità del suo passato. Ma non c’è mai stato giorno in cui lei ha smesso di divertirsi, di ridere e sorridere con tanta naturalezza e vivacitá. È una donna forte con le ginocchia sbucciate. Una mamma premurosa e dolce che ci ha aperto le porte di casa, facendoci conoscere anche la sua bimba. Mi mancherà molto il suo modo di fare e parlare. “Ma cosa fai”, “ha ditto”, “ma che porcheria” resteranno nella storia. Mi mancheranno le nostre lunghe disscussioni, che dal primo giorno non sono mai finite. La ringrazio per gli abbracci che non riuscivo piú a dare a nessuno, per le carezze, per tutte le volte che siamo rimaste in silenzio, per gli sguardi e le risate il secondo dopo. Per essersi fidata di me e per avermi fatto ritrovare. Certe parole, certe situazioni, le porteró con me. Un “a domani” è la più bella promessa, come per dire, che ci saremo anche quando le distanze non permetteranno di vederci ogni giorno. Ma non ci sono distanze che tengono quando due persone si vogliono bene e lo fanno con il cuore. Grazie Zsuzsa. Oggi andremo a Bran al famoso castello di Dracula e domani si riparte. Ringrazio a chi mi ha permesso questa fantastica avventura. A chi si è fidato e ha creduto in me fin dall’inizio. Ed è stata tantissima gente. Avrò nostalgia di Zsuzso, nato dal nostro amore di gruppo. Ringrazio chi ha collaborato con me, Egyed Edit, Judit Gasz, Noèmi Dènes, Tunde Fesus, Anacska Anne, le donne dell’amministrazione, dell’asilo e del negozio di vestiti. Alle donne della chiesa Berta Baba e Benedek Judite e ad Elisabetta, una donna che mi ha preso per mano e mi ha fatto ballare. Grazie a chi ha capito i miei sforzi, ai suoi “grazie” per aver capito quanta fatica mettevo anche solo per un abbraccio. Grazie alla mia famiglia, a chi in primis mi ha accolto con loro da settembre, Davide, Eleonora e la famiglia di uniamoci Onlus. Vado via con la promessa che qui, ci ritorno,un giorno o un altro. Ha ripreso a nevicare. Oggi è un triste giorno. Ma sarà comunque un’altra emozionante esperienza.